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Lettera_Non c’è tempo da perdere

Riflessione di don Felice Tenero, missionario in Brasile

Non c'è tempo da perdere, il negazionismo uccide. Il virus circola da nord a sud del Brasile, replicando ceppi, colpendo diverse fasce d'età, punendo i più vulnerabili. I pazienti muoiono agonizzanti a causa della mancanza di risorse ospedaliere e la paura crea alti muri che ci separano gli uni dagli altri.  Abbiamo superato i 500.000 morti!

Non c’è tempo da perdere, il lamentarsi o aspettare un miracolo dal cielo ci rende spettatori impotenti di tanta miseria. La fame aumenta e molte famiglie non hanno nulla da porre in tavola. Anche qui a Jatobà nel Pernambuco, dove mi trovo,  manca il pane quotidiano!

Oggi, domenica, giorno del Signore, lungo il tragitto che mi conduce dalla casa parrocchiale alla chiesa, incontro molte persone che vanno alla messa portando una borsa di plastica. In essa un chilo di riso, un pacco di spaghetti, una boccetta di olio vegetale, un pacco di caffè...la deporranno in una grande cesta ai piedi dell’altare. E’ il ‘pane’ da condividere con chi non ce l’ha. Così la mensa dell’Eucarestia diventa la mensa della Condivisione.

In chiesa, seduti e attenti alla mensa della Parola, ci sentiamo chiamati dal Maestro a curare le ferite che questo Brasile porta in sè. Una cura che cerchiamo di realizzare  attraverso momenti di incontro in piccoli gruppi, dialoghi in famiglia, riunioni in sale virtuali, celebrazioni e preghiere.  Siamo invitati, come discepoli e discepole di Gesù,  a riconoscere i muri di divisione che continuamente vengono eretti nella società e tra di noi: muri economici che dividono i ricchi dai poveri; muri sociali che alimentano odi e marginalizzazioni verso chi è diverso da me, e muri religiosi che sostengono atteggiamenti di supremazia razziale e pensieri fondamentalisti che, ancor oggi, creano profonde esclusioni nella società brasiliana.

Per poi, con profonde picconate, cercare di abbatterli o, perlomeno, contribuire a diminuirli.  Chiamati dalla Parola a rifare questa umanità ferita, usciamo dalla chiesa con l’impegno di costruire una società capace di vivere e valorizzare ogni persona e ogni cultura. Il Brasile con la sua immensa estensione e la sua pluralità culturale, potrebbe divenire un esempio di rispetto e di dialogo interculturale. Nessuno escluso, nessuno disprezzato! Siamo un popolo composto da persone di storie, credenze, razze ed etnie diverse; orientamenti sessuali, generi, e tendenze di varie inclinazioni convivono nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità.  Vivere insieme, nel rispetto e in armonia non è facile! Ma che ricchezza stiamo sperimentando.

Lungo i giorni della settimana, sebbene imbavagliati da questa pandemia, ci  impegniamo non per riordinare il mondo, non per rifarlo su misura, ma per amarlo; per amare anche quello che non possiamo accettare, anche quello che non è amabile, anche quello che pare rifiutarsi all'amore, poiché dietro ogni volto e sotto ogni cuore c'è, insieme a una grande sete d'amore, il volto e il cuore dell'Amore.  Che bello il diffondersi di mille azioni concrete fatte da cibi condivisi, porte aperte, sostegno reciproco, rispetto dell’altro, accoglienza dell’altra...

Gli “olii profumati” della diocesi di Floresta

Come quelle donne che andarono al sepolcro portando olii profumati per ungere il corpo dilaniato di Gesù, anche noi, oggi, dopo duemila anni, camminiamo tra tenebre e oscurità, l’alba portatrice di serenità è ancora lontana. In questo período, cerchiamo compagni e compagne di strada, con cui produrre unguento prezioso e così lenire le ferite di tante persone e di popoli interi. Qui in Brasile sono più di 60 milioni le persone che vivono a stento, sfidando ogni giorno la fame e la mancanza di lavoro. Inoltre, indios e afrodiscendenti vengono sacrificati sull’altare di un ‘progresso’ che beneficia un’elite spesso bianca e prepotente.

Questo período di isolamento, di silenzio, di stare con noi stessi, di scambio di idee anche attraverso i mezzi che la tecnologia ci mette a disposizione, ci ha permesso di preparare ‘olii profumati’ con cui ci disponiamo a prenderci cura della casa comune  e delle persone che in essa vi abitano. Gli ‘olii profumati’, che stiamo preparando nella diocesi di Floresta qui  in Brasile  dove lavoro hanno il profumo di essenze, nuove e antiche, capaci di inebriare il nostro stile pastorale fatto di incontri, celebrazioni, momenti formativi. Nulla di nuovo, ma tutto in stile nuovo, uno stile che comporta:

-   Vicinanza: questa è la sfida. Riprendere a camminare fianco a fianco.  Diciamo: sii vicino all’altro, fatti vicino alla situazione, sii vicino alle persone e lasciati coinvolgere dai loro problemi.

-    Realismo: prendere coscienza  della drammaticità del mondo, nel quale non tutto è una festa. In questa società consumistico-individualista siamo diventati una serie di tanti piccolo ‘io’. Noi diciamo: esci con coraggio dal tuo ‘io’ per costruire il ‘noi’.

-   Tenerezza: invece di scartare, siamo invitati ad accogliere ed educarci ad un amore che si fa vicino e concreto. Noi diciamo: impara a guardare con il cuore. I più piccoli, i poveri, hanno il diritto di prenderti l’anima e di intenerirti.

-   Cura: prendersi cura della Terra, ferita dalla nostra smania di possedere e curare con delicatezza le ferite nostre e di tanta gente, questo è lo stile di vita che ci fa ‘umani’. Noi diciamo: non voltare lo sguardo dall’altra parte, non passare oltre, ma scendi da cavallo e piegati a fasciare le ferite dell’umanità.

 

La pandemia, divenuta maestra di vita, ci ricorda che siamo tutti fratelli e sorelle, figli e figlie di uno stesso Padre.  Non dimentichiamolo!

Don Felice Tenero

Fidei donum in Brasile

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