ESSERE CHIESA A NACALA TRA TERRORISTI E SFOLLATI

L’incontro con il vescovo della diocesi nel nord del Mozambico  Alberto Vera Arejula, che  ha parlato difficile situazione nel nord del Mozambico

 

Nei giorni scorsi  il vescovo di Nacala mons. Alberto Vera Arejula ha incontrato gli amici della missionarietà veronese dai comboniani alle 20,45 per una serata dal titolo “Essere chiesa a Nacala, tra terroristi e sfollati”. In questo momento, ha esordito dom Alberto in sala Africa, ci sono alcuni spiragli di luce e di speranza per una nuova  situazione di pace tra governo e guerriglia del nord del paese.  Certo, ha ribadito il presule, è difficile vivere una pastorale in situazioni  di guerra, ma possiamo dire che in Mozambico dal 1965, da quando cioè ebbero inizio le guerre di indipendenza, fino ad oggi non c’è stato un solo giorno di pace: ci sono sempre stati momenti intensi e violenti di guerra, non è mai stato un paese completamente in pace. Nel 2017, ha continuato dom Alberto,  è iniziata la situazione di violenza al nord di Cabo Delgado, che può avere diverse motivazioni, legate tutte però da un unico fattore, ovvero la ricchezza. La costa nord del Mozambico è ricchissima di gas, all’interno si è sviluppata l’estrazione di  rubini molto preziosi per la loro  colorazione, e poi la grafite. Il tutto in quantità enorme: il progetto del gas nel nord del Mozambico  è il più grande di tutta l’Africa. Questi tre fattori (gas, rubini e grafite) muovono interessi giganteschi: è una guerra di interessi, eppure è narrata come una guerra di religione, all’inizio addirittura interna alla religione musulmana, con la distruzione delle moschee, con l’uccisione di imam.  Le chiese cattoliche furono risparmiate. Questa situazione durò fino al  maggio 2022. Nel giugno 2022 la prospettiva cambia: cambiano i capi terroristici, (prima erano stranieri, adesso sono mozambicani), le truppe ruandesi presenti nel nord del paese distruggono le basi e  disperdono i terroristi verso sud e verso ovest. A partire dal luglio 2022 questa dispersione produce attacchi alle missioni cattoliche e culmina il 6 settembre con la morte di sr Maria de Coppi, comboniana, a Chipene. Dalla morte di sr Maria, ad oggi non c’è stata più nessuna uccisione, ha ribadito il vescovo di Nacala. Che pastorale facciamo? Facciamo la pastorale che è possibile fare, ovvero quella del “gatto e del topo”. Quando il gatto c’è il popolo fugge, quando non c’è il popolo rimane. E’ difficile però vivere così! Il 18 aprile scorso come  vescovi del Mozambico abbiamo incontrato il Presidente Felipe Nyusi. L’avevamo già incontrato altre volte negli anni passati,  ma questa volta  è stato molto più franco  nel condividere pensieri e preoccupazioni, ha detto mons. Alberto. Preoccupa la guerra nel nord, ma preoccupano anche altre situazioni, come la povertà dilagante che provoca povertà mentale, ovvero  perdita di speranza. E poi il cambiamento climatico: da alcuni anni il Mozambico è  spazzato da cicloni che devastano zone consistenti del paese. Pensiamo a Quelimane nel 2021,  alla diocesi di Nacala l’anno scorso. E per finire, preoccupano  le prossime elezioni comunali e presidenziali. Il presidente è al suo secondo mandato, l’ultimo, ma i colpi di scena sono sempre possibili con conseguenze altrettanto immaginabili.  All’incontro, coordinato da don Giuseppe Mirandola, direttore del CMD,  hanno preso la parola anche sr Dina Ranzato, delle Pastorelle, sr Rita Zaninelli, comboniana, don Lorenzo Barro, fidei donum di Pordenone, Mario Mancini e Sofia Zecchini di Progettomondo: tutti loro lavorano nel nord del Mozambico e vivono in prima persona queste situazioni di violenza e di mancanza di pace.

P.A.